Questo complesso sorge all’interno di un’area che comprende una delle più vecchie fornaci del nostro paese.
Le prime notizie certe risalgono al 1774: sappiamo infatti che in quell’anno essa fornì gran parte dei laterizi utilizzati per i lavori di restauro ed ampliamento del Palazzo Pretorio a un paese vicino.
La scelta del luogo di costruzione della fornace è da mettersi in relazione con la vicinanza di un grande fiume, da cui veniva tratta la materia prima per i mattoni, che avveniva nelle “piazze dei mattonai” situate sul greto del fiume.
In origine la fornace era strettamente legata alla vita e alle necessità della vicina fattoria cui spettava, attraverso la figura del fattore l’amministrazione della fornace stessa.
Le oscillazioni nella produzione ed il carattere stagionale di determinate fasi della lavorazione (impasto, formatura e stagionatura dei mattoni) facevano sì che la fornace si avvalesse di mano d’opera saltuaria, l’unica eccezione di un “maestro fornaciaio”.
Alla fine del ‘700 l’abitato vicino alla fornace era costituito dalle poche case situate lungo il fiume alla confluenza di un torrente, nei pressi della pescaia, mentre intorno all’antica pieve esistevano soltanto alcune case coloniche, di proprietà anch’esse della fattoria. Il passaggio della fornace ad una dimensione industriale alimentò col tempo anche lo sviluppo dell’antico borgo e la nascita dell’odierno paese intorno alla fabbrica e alla millenaria pieve.
Verso l’ottocento il complesso risulta già articolato attorno a due fornaci: una per la produzione di laterizi e calcina e un’altra destinata alla produzione del cosiddetto “lavoro sottile”. Alla morte del proprietario del terreno dove era costruito l’edificio. Tutto passo nelle mani degli eredi e il figlio che era una persona importante nel panorama culturale ed economico della vicina città avviò la ristrutturazione e il potenziamento della fornace, secondo principi imprenditoriali. Egli fece importare dalla Francia nuove tecnologie con le quali dette inizio alla produzione di speciali embrici di copertura in seguito chiamati “marsigliesi”, dal luogo d’origine delle maestranze specializzate. La fornace si apprestava a vivere una stagione di grande fortuna, in cui non scarso peso ebbe la felice ubicazione dello stabilimento, servito non solo dalla rotabile regia ma anche dalla nuova strada ferrata inaugurata nel 1862. In questo periodo la Fornace si attrezzò per soddisfare le aumentate richieste da parte del vicino mercato cittadino, cercando di accrescere e diversificare la produzione.
Con l’aumento del lavoro aumento anche il numero dei lavoratori.
Anche il vicino paese crebbe e nel 1878 fu inaugurata una nuova stazione ferroviaria.
Alla morte del proprietario, la “fabbrica delle terre cotte” era ormai finita, e capace di sostenere una regolare produzione della nuova gamma di prodotti. La sorella rilevò l’azienda. In quegli anni la produzione e gli ordini aumentarono dando la possibilità di nuovi investimenti.
La proprietà fu venduta alla “società autonoma fornace”. L’impianto funzionava benissimo anche grazie a due forni hoffmann.
I materiali venivano portati dal fiume in una rete di bacini di raccolta situata all’interno dell’area della fabbrica, collegati al fiume tramite un canale. Un’idrovora convogliava le “torbide” in grandi vasche dette “margoni”, ove avveniva la decantazione, l’essiccazione e la stagionatura dei materiali argillosi. Gli impasti ottenuti venivano poi lavorati a macchina, e la produzione che se ne otteneva era assai varia.
L.A lignite e il carbon fossile erano i combustibili usati che venivano estratti dai bacino minerari della zona. Agli inizi del ‘900 erano impiegati circa 120 uomini e circa 30 donne. In breve tempo aumentarono a 200 unità.
Durante la guerra la fabbrica fu sequestrata e adibita a deposito di munizioni.
Gli impianti a causa dei bombardamenti furono danneggiati per distruggere il vicino ponte ferroviario.
Dopo la fine della guerra venne iniziata la ricostruzione e vennero utilizzate nuove tecnologie tedesche che miglioravano oltretutto la produzione dell’impianto. Il nuovo forno a tunnel permise di aumentare la produzione e di raggiungere standard qualitativi più elevati.
Inoltre costruito un altro forno che sostituì il precedente ormai obsoleto.
A causa di una crisi del mercato per L.A produzione del grès smaltato che portò al passaggio alla Società “Ceramiche Brunelleschi”. Quest’ultima, dopo aver operato una serie di investimenti per l’acquisto di nuovi macchinari e dopo anni di studi e tentativi, avviò intorno al 1980 la lavorazione del cotto smaltato, prodotto sino alla chiusura.
La fabbrica, dopo il fallimento del 2011 ha chiuso definitivamente alla fine dell’anno 2012. Attualmente resta ancora in piedi, la struttura della secolare fornace, gravemente danneggiata da anni di intemperie.